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Il cielo di Monaco di Baviera non è mai stato così carico di aspettative come la sera del 31 maggio 2025. All’Allianz Arena, un impianto che ha già scritto pagine leggendarie del calcio mondiale, si respirava un’aria elettrica: da una parte, il Paris Saint-Germain, alla ricerca della prima Champions League della sua storia; dall’altra, l’Inter, vittoriosa nel 2010 ma ferma da anni nel centrare di nuovo il grande trionfo europeo. Quando le porte si sono spalancate, venti, urla di gioia e sospiri di tensione hanno invaso gli spalti, un mosaico di colori e bandiere pronto ad assistere a un confronto destinato a scrivere un nuovo capitolo nel libro del football.
Il Paris Saint-Germain non è mai stato estraneo alle vetrine europee. Con mecenati disposti a investire cifre faraoniche, il club francese – già vincitore di campionati e coppe nazionali – ha inseguito per oltre un decennio il suo vero obiettivo: sollevare la Coppa dalle Grandi Orecchie. Con allenatori di rango internazionale e un mix di stelle affermate e giovani promesse, il PSG ha costruito una rosa di livello mondiale. Ma la Champions League, quella Champions League, era sempre sfuggita di mano a causa di stolti errori difensivi nelle fasi decisive o di giornate in cui la stella di turno non ha brillato abbastanza. Il 2025 sembrava la stagione giusta: una squadra affiatata, un allenatore saldo sulle sue idee e una città, Parigi, pronta a esplodere di gioia qualora il sogno si fosse materializzato.
L’Inter, dal canto suo, poteva vantare un passato glorioso: la storica tripletta del 2010, guidata da José Mourinho, era ancora scolpita nel cuore dei tifosi. Ma i successi si scontrano con le stagioni di ricostruzione. Dopo anni di investimenti incostanti e di cambi panchine, la dirigenza nerazzurra ha deciso di puntare sui giovani e su un modello di gioco più propositivo, mantenendo comunque in rosa calciatori di esperienza internazionale. L’Inter doveva dimostrare di poter tornare a sfidare i colossi europei e, perché no, puntare al titolo. Il cammino tortuoso fino alla finale aveva visto i nerazzurri eliminare avversarie dal blasone altissimo, affermando un’identità coraggiosa e uniti nell’idea che a volte il coraggio paga più dell’esperienza.
Già al tramonto, il piazzale davanti all’Allianz Arena era un turbine di colori: migliaia di tifosi parigini incarnavano l’eleganza festosa transalpina, stendardi blu e rossi, sciarpe al vento e il rumore dei tamburi che rimbombavano come un battito cardiaco collettivo. Di fronte, l’area dedicata ai tifosi nerazzurri: bandiere nerazzurre e nero-gialle sventolate con passione, maglie storiche dell’Inter e cori che reclamavano orgoglio e rivincita. Due mondi in contrasto visivo e sonoro, ma con un unico filo conduttore: l’amore per il calcio. Ovunque, selfie, pacche sulle spalle e pacchetti di popcorn dalle saune mobili richiamavano l’essenza di un evento sportivo capace di fermare migliaia di persone, unite da un tifo viscerale e da un cuore che batterà all’unisono per novanta minuti… più supplementari e magari rigori.
Quando l’arbitro ha dato il via, entrambi gli schieramenti sembravano voler leggere il romanzo tattico dell’avversario. Il PSG schierato con un 4-3-3 fluido: Difesa solida, centrocampo tecnico a macinare palloni, e un tridente offensivo pronto a divorare ogni spazio. L’Inter, schierata con un 3-5-2 accorto, puntava invece a sfruttare le corsie esterne e le ripartenze veloci del duo offensivo. Ma già dopo 10 minuti, si è capito che sarebbe stata una partita in salita per i nerazzurri.
12’ – Hakimi, l’ex che fa male
Il primo squillo di fuoco arriva dall’ex Achraf Hakimi, schierato come terzino destro dal PSG. Ricevuto un filtrante sulla fascia, si accentra, supera un paio di avversari con una finte rapida e con un destro chirurgico batte il portiere nerazzurro Yann Sommer. L’esultanza è trattenuta nell’urlo soffocato dei tifosi francesi: è l’1-0, ma sembra di vedere uno 0-0, tale è la sicurezza con cui i parigini si muovono sul campo.
20’ – Il raddoppio di Désiré Doué: poesia in movimento
Non c’è tempo per l’Inter di riorganizzarsi. Il giovane centrocampista, una delle rivelazioni della stagione, parte da lontano, dribbla in corsa un paio di interdittori nerazzurri e lascia partire un tiro rasoterra talmente preciso che la palla sembra disegnare una traiettoria già scritta per finire sotto l’incrocio dei pali. È 2-0 in meno di un tempo: dai volti nerazzurri trapela preoccupazione.
30’ – Inter in difficoltà, ma pronta a reagire
Dopo un forcing di qualche minuto, l’Inter prova a organizzare una reazione. Calhanoglu detta i ritmi, Barella cerca scambi stretti con Lautaro Martínez, ma la difesa parigina si muove in perfetta sincronia, chiudendo ogni spazio. L’Allianz Arena assiste soprattutto a un monologo offensivo del PSG, che spreca alcune occasioni per incrementare il vantaggio. Gli applausi della folla teutonica, sempre rispettosa, sottolineano l’eleganza di alcune giocate.
45’+2 – Whistle del primo tempo
Quando l’arbitro fischia la fine del primo tempo, sul tabellone è ancora 2-0. Ma non è un risultato che racchiuda veramente la distanza tra le due squadre. L’Inter appare contratta, abbassata, come se stesse subendo il fascino di un avversario lanciatissimo. Il PSG, invece, sembra padrone assoluto del terreno di gioco, fluido e convinto di poter chiudere la pratica già prima dell’intervallo.
Nei corridoi dell’intervallo, l’allenatore dell’Inter incalza i giocatori: “Dobbiamo osare di più, attaccare le linee del PSG e non farli ragionare”. Ma a Parigi, il tecnico risponde con calma: “Vogliamo gestire il risultato, ma restiamo affamati di altri gol”. L’idea di un PSG che non si accontenta di gestire un doppio vantaggio è già chiara. Non si tratta semplicemente di difendere il risultato: si tratta di consolidare un dominio a livello mentale.
63’ – Doué firma la doppietta
Ripresa che nasce con l’Inter più propositiva, almeno nelle intenzioni. Ma è bastata un’azione rapida a battere l’unica trama di passaggi nerazzurra verso il centrocampo. Il ragazzo non perdona: tiro fulmineo sul primo palo, Sommer vola, ma non basta. È 3-0. I tifosi parigini esplodono in un boato che scuote l’intera Allianz Arena.
70’ – Kvaratskhelia fa esplodere il cuore francese
L’Inter è in via di resa. Un giro palla micidiale del PSG lascia Kvaratskhelia, il georgiano dalla corsa inarrestabile, completamente libero sul lato corto dell’area: dribbling secco, palla sotto le gambe di un difensore e tocco morbido sul secondo palo. Il 4-0 arriva al 70° e sembra un colpo di grazia, più che una vittoria già ampiamente suggellata.
86’ – Il sigillo di Senny Mayulu, l’erede annunciato
Quando tutto sembra già compiuto, un nome nuovo compare nel tabellino marcatori: Senny Mayulu, entrato da pochi minuti per portare freschezza offensiva. È 5-0. Un gol che rende il trionfo ancora più incredibile e che fa esplodere la tifoseria francese in un tripudio di bandiere, sciarpe agitate e cori.
La strategia vincente del PSG si è basata su un pressing costante a centrocampo, teso a soffocare la costruzione nerazzurra. Ogni volta che l’Inter provava a uscire dal basso, veniva aggredita, costretta a lanciare lungo, offrendo palloni facili alle retrovie francesi.
Il PSG non aveva bisogno di dominare il possesso palla con percentuali bulgare: bastava qualche fraseggio veloce per sgusciare nell’area avversaria. Dopo il 2-0, l’Inter si è scoperta in cerca di una reazione, lasciando spazi ampi per le ripartenze parigine. E ogni volta che Doué o Kvaratskhelia hanno ricevuto palla, la difesa nerazzurra ha faticato a chiudere i triangoli, concedendo occasioni letali.
Arrivare a una finale di Champions comporta una pressione psicologica immensa. L’Inter, pur avendo esperienza, ha mostrato cenni di nervosismo già dopo il primo gol subito, sbagliando passaggi semplici e lasciando trapassare una sensazione di impotenza. Il PSG, ben conscio di dover sfruttare ogni errore, ha continuato a premere senza cali di concentrazione, costruendo un dominio non solo fisico ma anche mentale.
Quando il triplice fischio ha sancito il 5-0, c’è stato chi non ha potuto trattenere una lacrima. Non si trattava soltanto di una vittoria sportiva, ma del coronamento di un sogno covato per anni da Parigi: il desiderio di riconoscersi nella leggendaria Coppa dalle Grandi Orecchie. Sugli spalti, famiglie con bambini al seguito, ultras giunti da Parigi e appassionati di calcio in viaggio da tutto il mondo si sono abbracciati, consapevoli di aver assistito a un momento destinato a restare nella memoria collettiva. Dall’altra parte, sorrisi tristi e sguardi bassi tra i nerazzurri. Per l’Inter, la cocente delusione di una gara in cui tutto è sembrato girare contro, ma anche la consapevolezza di aver riportato entusiasmo attorno al club, avendo dimostrato di poter competere con chiunque.
Questo trionfo darà al Paris Saint-Germain una dimensione ancora più globale. Ora le ambizioni non si fermano: diventare la squadra più forte al mondo, vincere il Mondiale per Club e coltivare i giovani talenti come Mayulu, Doué e altri che già sognano di ripercorrere la notte di Monaco. Il titolo di Champions potrebbe inoltre incidere sulla politica di mercato, con il PSG pronto a tornare su giocatori di altissimo livello e a consolidare il proprio status di potenza europea.
Per l’Inter, la sconfitta non dev’essere vista soltanto come una ferita. È un monito: costruire con pazienza, rafforzare la squadra nei reparti chiave, dare fiducia ai giovani e mantenere l’identità propositiva che ha permesso di raggiungere di nuovo una finale Champions. L’allenatore e la società sanno che ora è il momento di ricostruire sulle basi gettate in questa stagione, riempiendo i vuoti e affinando l’esperienza internazionale.